All’inizio della mia carriera lavorativa mi trovo catapultato in un gruppo di ragazzi preadolescenti, solo ad affrontare dei “leoni”. È la mia prima esperienza lavorativa. Una sensazione strana, pensavo di trovare dei colleghi che mi potessero aiutare, invece, capita quello che non mi aspetto, sono solo, io e i ragazzi.

Non sapevo cosa fare, la situazione era molto difficile, ho sostituito un educatore di riferimento affettivo e relazionale fondamentale per i ragazzi, un pilastro nella loro vita.

All’inizio era un inferno, difficile da credere. Niente serenità, pace interiore, felicità.

Rimbomba nella mente sempre la stessa domanda: “Che cosa posso fare?

Il silenzio è meglio di mille parole, restavo in silenzio aspettando di uscire da quel tunnel.

Tornavo a casa stanco, distrutto, con tanto mal di testa.

Ho letto tanti libri, ma dov’erano le soluzioni? Riuscire a gestire un gruppo di ragazzi e fare insieme qualcosa, come?

All’inizio era semplicemente impossibile.

La risposta l’ho cercata ovunque e continuamente. Niente.

Tutto sembrava buio, tanta rabbia e tanta delusione. Io non sono capace. Io non ho gli strumenti per lavorare con dei ragazzi. Non ho l’esperienza, sono giovane. Sono troppo piccolo.

Torno a casa stanco, distrutto con tanto mal di testa.

I pensieri mi tormentano in tutti i miei passi, ovunque vada ci sono loro con me, mi fa male la testa e non so che cosa fare.

Sono qui e mi dimentico di essere felice. Mi dimentico di stare bene. Mi dimentico di me stesso.

Il sorriso che avevo all’inizio andava piano piano spegnendosi. Un dramma. La mia forza era affrontare le cose con il sorriso, piano piano si stava spegnendo. Sono perso come un pesce fuori d’acqua. Mi stavo spegnendo. È triste ma è la verità.

Un’altra domanda che sorge: “Se non sto bene io, come faccio a far stare bene i ragazzi? Non riesco a gestire le mie emozioni, come faccio ad aiutarli a gestire le loro?”

Qui non trovo soluzione. Mi affido alla pazienza e rimango aperto e speranzoso di vedere la luce in fondo al tunnel.

Non ho trovato appoggio in nessuna persona e nessun libro. In quel periodo stavo frequentando un master, ho conosciuto gente illustre e di grande competenza, ma niente. Insomma non c’era nessuna via d’uscita per me.

I giorni passano e io non riesco a combinare niente con i ragazzi. Mi chiedevo “ Com’è possibile?”.

Era una sofferenza continua, sempre pieno di pensieri, tormentato con le mani legate, prigioniero dei miei ragazzi. Finalmente ecco la luce.

Spiego la mia situazione a una collega, m’invita a praticare insieme la meditazione secondo la tradizione di Thich Nhat Hanh. Mi spiega che questa pratica le ha cambiato la vita e le ha dato degli strumenti concreti per affrontare la vita e le sue difficoltà con il sorriso.

Io, come ultima spiaggia, ho accettato e sono andato.

È stato amore a prima vista. Entrare in quella stanza mi ha riempito il cuore di serenità, pace e ho sentito che era la mia strada.

Una semplice indicazione mi ha aperto gli occhi e il cuore, la pratica del fermarsi e respirare. È stata, per me, la pratica della libertà e della stabilità, dimorare nel momento presente mi ha liberato dalle preoccupazioni per il futuro e dai rimpianti del passato e l’ansia, le preoccupazioni e la paura del presente non mi trascinavano più via.

Iniziavo a stare bene. Iniziavo a essere calmo e tranquillo. Iniziavo a respirare, un grande sollievo e un grande sorriso.

Sono tornato a vivere. Credevo di non dover mai lasciar vedere la mia vulnerabilità ai bambini, la mia perdita di autorevolezza. Invece sono successi dei piccoli miracoli. Ho svelato le mie debolezze e i miei sentimenti più veri nel mezzo del momento presente. Mi sono fidato di quello che accadeva dentro di me, respiravo e lasciavo andare tutte le teorie che avevo imparato e che mi ero cucito addosso. Semplicemente dovevo essere me stesso, portando quello che ero in quel momento e non dovevo più nascondermi dietro le mille maschere che portavo. Ho abbracciato me stesso e la mia parte debole. Abbracciarmi è stato il cambiamento che ha portato benefici a me e ai ragazzi. Adesso potevo costruire qualcosa. Qualcosa di sincero, qualcosa di vero, qualcosa di autentico. Ero presente con i ragazzi, non davo spazio a pensieri che mi portavano altrove. Una bellissima frase dice:” Mio caro/a sono qui per te.” Io ero lì per loro.

Un nuovo fiore è nato, il sole è tornato a risplendere. Io ero me stesso, io ero lì, a respirare insieme a loro.

La relazione tra me e i ragazzi è cambiata. Da non crederci, un respiro ha cambiato me e la mia vita.

L’incontro con Thich Nhat Hanh.

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